La stanza del partigiano Remo, deportato nel campo di concentramento di Bolzano nel febbraio del 1945 è in una casa di riposo, nella bassa bolognese.
Questo spazio reale diventa l’archetipo di un luogo di memoria e di oblio. Un luogo che abbiamo immaginato, ricordato e ricostruito. Al suo interno oggetti, fotografie, libri e un televisore raccontano la vita quotidiana di quell’anziano superstite. Molti di quegli oggetti sono anche qualcosa di più. Inquadrandoli con un tablet, la persona che entra nella stanza vedrà comparire in realtà aumentata altre immagini, ascolterà le voci di donne e uomini che, come Remo, sono cresciuti sotto il fascismo e hanno lottato per la libertà. Questa stanza è anche un ipotetico viaggio nel tempo. Colleziona non solo i reperti della lotta partigiana di chi aveva vent’anni nel ’43, ma raccoglie anche le testimonianze di chi ha vissuto il G8 di Genova e di chi oggi ha vent’anni ed è nato in Italia da genitori immigrati, di prima o seconda generazione. Lo stesso desiderio di libertà e di uguaglianza anima le storie, i volti e le parole di persone che appartengono a generazioni diverse.
Tutti si sono ribellati all’idea di restare indifferenti.
installazione in una stanza aumentata
un progetto Saveria project
con il sostegno di Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, A.N.P.I. comitato provinciale di Bologna
e la collaborazione del Teatro Comunale Laura Betti di Casalecchio di Reno
L'installazione è aperta dalle ore 14.00 alle 22.00
L'ingresso nella stanza avviene uno spettatore per volta. La permanenza è di circa 30 minuti.
Gli oggetti, il tablet, e le cuffie vengono sanificati prima e dopo ogni utilizzo.