La leggenda del grande inquisitore è uno dei capitoli più famosi del grande romanzo di Fëdor Dostoevskij I fratelli Karamazov pubblicato in Russia nel 1880. Si tratta di un apologo, un racconto che Ivàn Karamazov fa a suo fratello Aleksej alla vigilia dell’assassinio del padre e dell’esplosione della sua malattia mentale che lo porterà a vedere e dialogare con un originalissimo Diavolo.
Nella Spagna dell’inquisizione appare un personaggio misterioso, forse proprio Gesù. La folla lo riconosce e comincia a chiedergli miracoli, lui resuscita una bambina, dona la vista ad un cieco ma il vecchio inquisitore lo fa arrestare e portare in prigione. L’inquisitore nella notte va a trovare il prigioniero, gli spiega il motivo per cui lo condannerà nuovamente a morte. Con estrema lucidità gli dice che la chiesa ha reso gli uomini felici, non lui con il suo dono di libertà. La chiesa e il clero hanno compiuto, migliorandola, la sua opera rispondendo al bisogno primario di ogni uomo: qualcuno a cui inchinarsi che si assuma per loro tutte le responsabilità. Ed è proprio la capacità di assumersi tutte le responsabilità del vivere, in sostanza, il terreno su cui si giocherà la partita fra i due fratelli. Dostoevskij in questo capitolo esprime la contrapposizione tra libertà e costrizione, tra fede nella vita e negazione di essa.
da I fratelli Karamazov di F.M. Dostoevskij
drammaturgia e regia Marinella Anaclerio
con Flavio Albanese e Tony Marzolla
impianto scenico Francesco Arrivo
costumi Stefania Cempini
disegno luci Cristian Allegrini
grafiche Giuseppe Magrone
produzione Compagnia del Sole