C’è stato un momento in cui il nostro paese - forse una gran parte di mondo - è apparso felice. Sono gli anni a cavallo del 1958, gli anni subito prima e subito dopo l’inizio del boom economico. La gente era - o sembrava - felice, carica di futuro negli occhi. Basta rivedere i film di quell’epoca, ascoltare le canzoni, ripercorrere i racconti di chi c’era. Anche i ceti meno abbienti sembravano felici. Se c’è un uomo che incarna tutto questo nel suo corpo, con la sua voce, con la spinta vitale che ha abitato ogni suo passo e rappresenta appieno quegli anni, questo è Domenico Modugno.
Un ragazzo che parte all’avventura e si ritrova, dopo pochi anni, a insegnare a tutto il mondo a “volare”: apre la bocca e trascina via con quell’urlo irrefrenabile ogni residuo fosco del dopoguerra. Con una sola canzone rende l’intero occidente felice di esistere. Eppure, lui sapeva di lavorare sull’effimero, sull’impalpabile ma, nonostante tutto, si ostinava a crederci: «Io voglio cantare la felicità. Anche se non esiste, mi voglio illudere che esista, devo credere che esista».
uno spettacolo di e con Mario Perrotta
collaborazione alla regia Paola Roscioli
musiche originali e arrangiamenti Vanni Crociani
ensemble musicale Vanni Crociani e altri musicisti in via di definizione
produzione Permar Compagnia Mario Perrotta, Emilia-Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale